Tre anni fa l'Audi aveva diffuso un video. Una donna scendeva dall'auto, e allontanandosi impartiva alla stessa il comando di parcheggiare tramite uno smartphone; la macchina percorreva autonomamente un piccolo tragitto e si andava a posizionare in uno stallo tra due vetture, per poi rifare il percorso al contrario e andare a "prendere" la sua proprietaria al punto di partenza. La macchina-chauffeur che guida e parcheggia da sola può rappresentare una tecnologia affascinante, ma non crediamo che verrà implementata nel prossimo futuro, costituendo di fatto qualcosa di ancora poco realistico: nel video non è presente alcun ostacolo alla marcia della vettura, nessun pedone, nessun cartello stradale, tanto per fare qualche esempio. Oggi chi ha difficoltà nel parcheggiare, e non si accontenta neppure dei dispositivi di aiuto come le telecamere posteriori, può usufruire (se può permetterselo) del sistema automatico park assist, sofisticato optional che alcuni marchi automobilistici mettono a disposizione.

In ogni caso l'Audi continua a puntare forte sullo sviluppo della guida autonoma, e al recente Smart City Expo World Congress di Barcellona ha firmato un memorandum d'intesa con il sindaco di Somerville, città alle porte di Boston dall'elevata densità abitativa. Il Presidente del marchio tedesco Rupert Stadler e il sindaco Joseph A. Curtatone hanno pianificato di testare tecnologie innovative per le città del futuro, soprattutto riguardo a due aspetti: la comunicazione tra auto e semafori (detta V2X) per ottimizzare i flussi di veicoli e diminuire il traffico, e le auto che guidano e parcheggiano da sole. Quest'ultime, secondo i tecnici della casa dei quattro anelli, permetteranno di risparmiare il 60% dello spazio urbano, grazie alla costruzione di autosilos senza scale o ascensori per le persone, e con stalli più stretti; inoltre, sempre secondo Audi, con i veicoli che manovrano da soli le città avranno la possibilità di delocalizzare le aree di sosta. Ora, questi obiettivi sono certamente importanti, ma una città davvero "smart" può raggiungerli anche senza bisogno della guida autonoma. Ad esempio, i parcheggi automatizzati (purtroppo rari in Italia, ma già diffusi in altri paesi) "impacchettano" le vetture dentro una struttura dagli spazi ridotti e senza bisogno del guidatore, mentre i parcheggi delocalizzati funzionano bene quando sono supportati da un efficiente servizio navetta per il centro città.

Quello che qui vogliamo sottolineare è che, per migliorare la mobilità, non servono macchine che guidano da sole o automobili volanti (anche se ci sono aziende che già le progettano, come l'americana Terrafugia), basta una progettazione urbana ben studiata, e istituzioni virtuose che la mettano in atto. E un progetto urbano non può assolutamente fare a meno di una cosa: i parcheggi. Gli stessi urbanisti della casa tedesca riportano un dato importante: tra 35 anni il 70% dell'umanità vivrà nelle città (oggi siamo al 56%). E lo stesso sindaco di Somerville pone l'accento su un aspetto fondamentale (che anche noi andiamo dicendo da anni): «la nostra mobilità non potrà mai fare a meno delle auto.» Dunque la mobilità privata è e rimarrà sempre il nodo nevralgico di qualsiasi contesto cittadino: ne consegue che parcheggi più numerosi (e meglio strutturati) non possono far altro che ottimizzare la viabilità tout court diminuendo il traffico, grazie a un minor numero di auto circolanti in cerca di parcheggio. Il trasporto privato non dovrebbe essere "soffocato" da disposizioni e provvedimenti che lo sfavoriscono in favore di quello pubblico, almeno fino a quando quest'ultimo non sarà veramente attrattivo ed efficiente (il nostro stivale non offre buone prospettive in tal senso).

Una mobilità "smart" vuol dire migliore qualità della vita. E per una mobilità "smart" serve un'efficace politica della sosta. Pensiamo a questo prima di inventare le auto che guidano, che parlano, che pensano o che volano. Se mai la mobilità si sposterà per aria, allora penseremo ad inventare dei parcheggi volanti. Ma fidatevi, c'è tempo.