Nel suo libro Il turismo che non paga, la giornalista Cristina Nadotti offre un’analisi approfondita e coraggiosa di uno dei settori più celebrati – ma anche più fragili – dell’economia italiana: il turismo.

Con rigore giornalistico e un ampio apparato di dati e testimonianze, vengono messe in luce le contraddizioni di un’industria che, pur generando ufficialmente 255 miliardi di euro l’anno, produce un valore effettivo – una volta sottratti i costi ambientali, sociali e infrastrutturali – di appena 98 miliardi. Una differenza che impone una riflessione urgente sulla reale sostenibilità del settore.

Turismo e città: quando l’accoglienza diventa ingombro

Il turismo, così come è oggi strutturato, ha un impatto diretto e crescente sulla vita quotidiana delle comunità locali. Pendolari che non riescono a salire sui treni nei mesi estivi, pronto soccorso sovraffollati, guardiaparco impotenti di fronte al degrado ambientale: sono solo alcune delle situazioni documentate nel libro. A queste si aggiungono le difficoltà nella gestione dei rifiuti, della sicurezza urbana e – tema centrale per Parcheggi.it – della pressione crescente sulla mobilità e sulla sosta.

Il nodo irrisolto della sosta nelle città storiche

Uno dei nodi più critici è proprio quello della sosta. Le città storiche italiane, tra le più visitate al mondo, sono anche tra le meno attrezzate per gestire il traffico contemporaneo. La loro conformazione – vicoli, vincoli, edifici antichi – rende quasi impossibile realizzare nuovi parcheggi, sia in superficie che nel sottosuolo. In città come Cefalù, Orvieto, Alberobello, ma anche in grandi capitali culturali come Venezia, Firenze e Roma, la carenza di posti auto diventa drammatica nei periodi di alta stagione. Secondo stime recenti, in molte città italiane gli automobilisti impiegano fino a 35 minuti al giorno per trovare parcheggio.

L’assenza di una strategia integrata tra mobilità pubblica e privata rischia di trasformare la sosta in un ulteriore fattore di conflitto sociale, congestionando ulteriormente i centri storici.

Non solo parcheggi: una questione sistemica

Come evidenzia l’AIPARK – Associazione Italiana Operatori Sosta e Mobilità – il tema della sosta non va affrontato come una questione isolata. In Italia mancano oltre 670.000 posti auto nei centri storici, ma la vera sfida è culturale: ridurre la dipendenza dall’auto privata e rafforzare le alternative pubbliche e intermodali.

“La sosta deve essere pensata con sistemi integrati di trasporto e non come un sistema scorporato, perché da sola creerà, inevitabilmente, solo sistemi complessi di congestione.”

Senza un’offerta di mobilità efficace, né residenti né turisti possono muoversi in modo sostenibile. E questo compromette la qualità urbana per tutti.

Un turismo che consuma (troppo)

Tutte queste riflessioni si inseriscono in un dibattito sempre più maturo sul turismo contemporaneo. Una visione che mette in discussione l’idea – ancora diffusa – che il turismo sia sempre e comunque un valore. Giornalisti, studiosi e operatori del settore stanno portando avanti una critica lucida: il turismo di massa, se non regolato, genera squilibri. Diversi osservatori, come Emily Capozucca e il curatore del volume Critica del turismo, Alex Giuzio, sottolineano il consumo di risorse, l’aumentano dei costi abitativi e il lavoro nel settore troppo spesso precario.

Elena Granata, urbanista, fa notare come la crescente trasformazione dei centri storici in scenografie da cartolina, in cui la “tipicità” locale diventa un prodotto da vendere, rischia di lasciare poco spazio alla vita quotidiana delle comunità. Inoltre, Andrea Cerrato – destination manager , denuncia il rischio di una crescente omologazione dell’esperienza turistica, alimentata dalla logica dell’“instagrammabilità” e del mordi-e-fuggi. Un turismo che tocca, fotografa e riparte, lasciando poco o nulla al territorio.

In molte città cresce il bisogno di un’altra prospettiva: non solo sostenibilità, ma responsabilità. Il turismo può restare un’opportunità, ma solo se restituisce valore anche a chi quei luoghi li vive ogni giorno.

Una nuova cultura del turismo

Alla luce di tutto questo, emerge l’urgenza di un cambio di paradigma. Serve una programmazione nazionale che regolamenti il turismo in modo più equo, che riduca gli impatti negativi e riconosca ai territori più visitati un giusto “ristoro”. Cristina Nadotti lo scrive chiaramente, il turismo non sarà mai a impatto zero ma può e deve essere ripensato.

Solo città più accessibili, inclusive e con una mobilità sostenibile potranno accogliere visitatori senza sacrificare la vita dei residenti. E solo un turismo che mette le persone prima dei numeri potrà essere davvero un motore di valore condiviso.