Lusso o comodità , gabella o fonte di guadagno. A seconda del lato da cui lo si guarda, il parcheggio puಠessere tutto questo. Ma prima di tutto il parcheggio è un servizio. E neanche tanto “optional”, quanto piuttosto un elemento indispensabile al vivere e sopravvivere quotidiano.

Ecco perchè una casa cresce di valore se dotata di posto auto; un ristorante, un cinema, un qualsiasi tipo di locale acquista clienti se puಠgarantire loro il parcheggio. E la stessa regola vale anche quando si parla di gallerie d’arte, spazi espositivi, punti di richiamo turistico-culturale.

Saremmo ingiusti e qualunquisti se accusassimo tutti i musei italiani e i loro ammministratori di non tenere a cura questo aspetto. Nel nostro Paese esistono diverse realtà  museali che mettono a disposizione del pubblico aree di sosta dedicate all’interno dello stesso edificio oppure convenzioni ad hoc con parcheggi situati vicino alla sede del museo.

Ma molto più spesso tutto questo è un miraggio lontano. Non c’è nessuna convergenza parallela tra le politiche e le decisioni messe in atto da chi dirige un museo e le scelte portate avanti da chi amministra la sosta. Con il risultato che il turista è lasciato solo al suo destino, molte volte in balia dei parcheggiatori abusivi, quando invece basterebbe poco per creare dei pacchetti completi, in grado di accogliere il visitatore in tutte le sue esigenze e soprattutto di ricavare maggiore profitto dalla fruizione dei beni turistici, una delle poche grandi ricchezze di un Paese in bilico tra la salvezza e il fallimento.

Non per fare la parte di chi vede l’erba del vicino sempre più verde, ma l’esempio da seguire davvero sarebbe il Museo J. Paul Getty di Los Angeles, allestito in una splendida cornice con tanto di giardino, ristorante e terrazze; l’ingresso è gratuito, si paga solo il parcheggio con la tariffa di $ 15.

All’estremo opposto il caso da non prendere assolutamente a modello è quello del Museo dell’Automobile di Torino, che vive il paradosso di scarseggiare di posti auto per i visitatori. Neanche fosse il museo del monopattino.

A.T.