Le vacanze 2003 sono ormai alle spalle ed il rientro alla quotidianità per gli automobilisti, quest’anno, si preannuncia più doloroso del solito. Sono in vista, infatti, una serie di aumenti pronti a far lievitare i già rilevanti costi di gestione del veicolo: polizza assicurativa, carburanti, pedaggi autostradali e tariffe per la sosta le principali voci di spesa che si apprestano ad alleggerire ulteriormente il portafoglio degli automobilisti; quasi non bastassero i 143 miliardi di euro da questi pagati, complessivamente in un anno, per la gestione della propria vettura, di cui oltre 55 miliardi versati all’Erario in termini di tasse a vario titolo gravanti sul settore della motorizzazione.
Senza con ciò considerare i sostanziosi rincari delle multe, il costo dei corsi per il recupero dei punti persi sulla patente (perchè chi sbaglia è giusto che paghi, anche a caro prezzo, se l’infrazione commessa rischia di attentare alla vita, propria ed altrui) e gli effetti che produrranno nelle tasche degli automobilisti le modifiche al codice della strada, come l’obbligo dei fari accessi fuori dai centri abitati e quello di dotarsi di un giubbotto rifrangente (la tutela della sicurezza non ha prezzo).
Purtroppo, dobbiamo ancora una volta constatare che è sempre l’automobilista il consumatore maggiormente penalizzato, anche perchè il tiro al bersaglio contro l’auto rappresenta, paradossalmente, lo’strumento di tortura’ più democratico che esista: colpisce trasversalmente la stragrande maggioranza degli italiani, visto che, in pratica, questa categoria finisce col coincidere con la quasi totalità della cittadinanza attiva. Anche se poi le cose non stanno affatto così: gli effetti dei rincari sull’auto sono inversamente proporzionali alle disponibilità finanziarie dei singoli e, pertanto, a patire i maggiori sacrifici, come al solito, sono quelli che hanno redditi più bassi.

La conferma di questo andazzo è la preoccupante adozione del pedaggio per risolvere i problemi della viabilità . Come si sa, il’road pricing’, ovvero vincolare la transitabilità di una strada al pagamento di un ticket, è uno dei tanti strumenti a cui può ricorrere un’amministrazione comunale per gestire la mobilità .
Quest’estate, in diverse cittadine costiere, seppure con modalità differenti, si è fatto ricorso a questa formula allo scopo di disciplinare il maggior flusso di mobilità previsto nella stagione balneare.
Ma il provvedimento più eclatante è stato sicuramente quello adottato dal Comune di Bacoli che ha applicato una’tassa’ oscillante, a seconda dei veicoli, tra 5 e 50 euro per regolare l’accesso lungo il litorale di Miseno e Miliscola. Si tratta di un’iniziativa che ha suscitato scalpore ed indignate proteste. E non poteva essere diversamente.
La soluzione di far pagare un pedaggio per l’ingresso dei veicoli in una determinata area ha una sua giustificazione ed efficacia solo se risponde a specifiche esigenze di mobilità , altrimenti risulta essere un discutibile modo di batter cassa. Inoltre, all’adozione di un simile provvedimento, che comunque penalizza i ceti meno abbienti, si perviene solo se si è provveduto a fornire ai cittadini un insieme di efficienti servizi alternativi, in termini di trasporto pubblico e parcheggi di interscambio.
D’altra parte, non è il ticket a selezionare la domanda di turismo, perchè non è la disponibilità a pagare che garantisce l’afflusso di persone educate e rispettose dell’ambiente.

Combattere il caos è un dovere delle amministrazioni: ma non si migliora la vivibilità reprimendo la circolazione.

Dobbiamo, invece, renderci conto che la sfida futura è nelle infrastrutture. E’ inutile continuare a sforzarsi di ricercare soluzioni originali e fantasiose per arginare i problemi della mobilità .

Se non si realizzano parcheggi, se non si investe in sistemi di trasporto volti a decongestionare il traffico stradale, se non si potenzia la rete viaria (il tutto in una logica integrata e di sistema che eviti la prassi, finora vigente, di effettuare interventi scoordinati e parziali), difficilmente potremmo raggiungere standard degni di un paese europeo.

Lo stesso discorso vale anche per la manutenzione delle strade. Disarmante, in proposito, è stata la decisione assunta dal Comune di Napoli che, non riuscendo a garantire un serio controllo sui lavori appaltati, ha deciso di far rimuovere i sampietrini per sostituirli con asfalto fonoassorbente.
Ora, ben vengano interventi per limitare il rumore del traffico stradale, assicurando, nel contempo, una migliore e più sicura mobilità , ma attenzione a non stravolgere l’assetto storico-architettonico di determinati quartieri.
Ve lo immaginate il centro antico privato del tradizionale tracciato costituito dal reticolo di cubetti in porfido battuti, un tempo, dalle carrozze trainate a cavallo? Sarebbe un orrore. Il problema, perciò, non è tanto quello di privilegiare un tipo di pavimentazione a scapito di un’altra, ma, semmai, di valutare, volta per volta, la scelta più opportuna da fare.
In pratica, nelle aree pedonalizzate o del centro storico si possono sicuramente lasciare i sampietrini, optando nelle altre per il rivestimento in asfalto. In ogni caso, la manutenzione delle strade deve rappresentare un impegno costante e nel segno della qualità .
Tanto i sampietrini quanto l’asfalto vanno tenuti sempre in buone condizioni, sfruttando al massimo, per l’esecuzione dei lavori, i periodi meno critici per la circolazione stradale: vale a dire le ore notturne ed i mesi estivi.
E’ mai possibile, invece, che da noi deve essere sempre un eterno cantiere, dove tutto è approssimativo: dalla qualità degli interventi alla loro durata?
Vorremmo tanto essere smentiti dai fatti, ma non nutriamo molte speranze.
Ed il ripristino del blocco trisettimanale della circolazione delle auto’non ecologiche’ è la conferma che da noi si vive prevalentemente di emergenza ed improvvisazione, non riuscendo a seguire una seria programmazione.

Antonio Coppola
direttore Aci Napoli