Si dice “parcheggio” e la mente corre a tetri autosilo dalle rampe tortuose, luci livide di neon e odore di gomma e benzina a un luogo di passaggio, anonimo da cui sgattaiolare frettolosamente dopo avervi lasciato l’auto. C’è un parcheggio però, ed è proprio in Italia in cui le persone, oltre a lasciare l’auto, si ritrovano immerse in un’esperienza che le obbliga a fermarsi: si tratta dell’ originalissimo’Art Drive In Parking Thermae’ di Merano, i cui 60.000 metri quadrati ospitano una permanente di artisti contemporanei, pensata per trasformare il rapporto fra le persone ed un pezzo del centro della città .

La massiccia affluenza di pubblico in questo spazio (ogni anno vi si trattengono circa 600.000 persone) ha convinto Verena Unterberger, direttrice dei lavori, a ripensare il ruolo di questo garage interrato come parte del tessuto urbano, conferendogli una caratterizzazione diversa rispetto a quella di luogo meramente funzionale. Curata da Benno Simma ed inaugurata il 31 maggio del 2003, l’idea ha incontrato il pieno sostegno di Manfred KàƒÂ¶nig, Presidente delle Terme di Merano S.p.A.
Immaginiamoci dunque per un attimo automobilisti in procinto di avventurarsi dentro l”Art Drive In’, e scopriamo ad una ad una le tappe di questa rara esperienza’multisensoriale’: perchè le installazioni situate in questo singolare autosilo non si limitano a catturare l’attenzione visiva del pubblico, ma coinvolgono anche l’udito e persino l’olfatto.

Protagonista del
piano d’entrata è l’elemento acquatico. L’artista Ruedi Baur è l’autore di un’opera (L’acqua del Passirio)
che ci dà l’impressione di parcheggiare sull’acqua. Gli stalli delle auto, anzichè essere rinchiusi entro i consueti tracciati a strisce bianche, sono finestre raffiguranti il fondo ciottoloso di un fiume, realizzate con scatti fotografici che ritraggono l’acqua del Passirio lungo tutto il suo corso in un invito a riflettere, mentre si sta parcheggiando, sulla labilità dei nostri consueti punti di riferimento e anche sul problema dell’inquinamento così come traspare dal progressivo intorbidirsi delle immagini d’acqua a mano a mano che il fiume si avvicina alla foce.



Il livello à¢â‚¬’1 è dominato dall’opera Rapid Eye Movement di Arnold Mario Dell’O, che rimanda , da un lato, all’idea della sicurezza e della vigilanza nei parcheggi, dall’altro a più profonde considerazioni sul tema della superficialità dei rapporti umani. L’opera consiste in un’ installazione video ed audio formata da otto aperture ovali a forma di occhio umano, che si aprono e si chiudono in rapida sequenza. Come le telecamere, questo piccolo esercito di occhi sembrano spiarci e vegliare sulla nostra incolumità : eppure, pur guardandoci, si richiudono a tratti, repentinamente, un po’ come un interlocutore distratto e superficiale, pronto a dimenticarsi di noià¢â‚¬Â¦ in un batter d’occhio o anche soltanto a non volerci vedere.


Proseguendo il nostro itinerario e scendendo al piano
à¢â‚¬’ 2, ci imbattiamo in un locale accogliente, le cui pareti sono costellate da miriadi di immagini di rosse stelle alpine stilizzate. Si tratta dell’opera Stella alpina in serie, di Rudolf Stingel, che rende lo spazio del parcheggio accogliente come una stube tirolese. L’automobilista che, posteggiata la propria auto, si incammina per l’ampio locale, è rassicurato dal calore dell’ambiente, ma nel contempo costretto ad avvertire la sorda irritazione data dall’ossessivo ripetersi delle forme: è sempre accogliente, quello che viene reputato tale?


La singolare esperienza prosegue ai piani superiori dell”Art Drive In’; ci si sente spiazzati al piano
+1 del parcheggio, in cui si viene abbagliati dal biancore del ghiacciaio raffigurato nell’opera di Walter Niedermayr Sul ghiacciaio: serie di immagini.

Questo lavoro si interroga sulla solitudine’ quella paurosa di un parcheggio, quella maestosa e sacra di un paesaggio d’alta montagna e quella violata dall’assieparsi di immagini di turisti orientali come nella piazza di una città d’arte: ci rassicurano nella solitudine e ci infastidiscono nella bellezza. Anche in questo caso, poi, il parcheggio ci invita ad un pensiero sulla attuale tendenza alla mercificazione di qualsiasi tipo di ambiente, anche il più aspro ed incontaminato.


Al piano
+ 2 domina il lavoro di Margit Klammer Parete di Nebbia Panta Rei:
e qui il parcheggio si fa perfino inaspettato portavoce di massime filosofiche. L’artista altoatesina ha rivestito in acciaio le colonne portanti del garage e vi ha aggiunto fessure luminose verticali dalle quali scaturiscono nebbie profumate. Il lavoro si propone come una dimostrazione dell’annullamento delle strutture dello spazio.

Le opere raccolte nell”Art Drive In’ non si limitano ad occupare e ridefinire soltanto i diversi livelli del parcheggio: esse ci stupiscono ad ogni angolo. Il vano scale è animato dalle costruzioni sonore mobili di Eduard Demetz, compositore e musicista, che con l’opera Sotto il livello del mare mescola armonie che rimandano ai flutti marini con suoni minacciosi. Una partitura che, perfino mentre saliamo e scendiamo le scale, ci invita per un istante a soffermarci sullo scorrere del tempo.

Il viaggio è terminato. Per la prima volta nella nostra vita, inaspettatamente, usciamo da un parcheggio portandoci dietro un piccolo bagaglio di suoni, musiche, visioni e profumi. Un gesto quanto mai quotidiano ed ordinario si è trasformato in un’esperienza suggestiva; ed è forse soltanto in questo momento che ci accorgiamo dell’ultima opera che lo anima e che si trova proprio nella piazza sovrastante l’autosilo. Si tratta di Sopra il livello del mare<, di Arnold Mario Dall’O: installazioni al neon che si innalzano su pali in punti scelti a caso, indicando con cifre luminose la loro precisa altezza sopra il livello del mare, restituendoci, uscendo dall’oscuro irrazionale del sottoterra, l’illusione di una razionale misurabilità del mondo.

L’esempio dell”Art Drive In’ è certamente unico, almeno in Italia, ma sarebbe auspicabile che, sia pure in minima parte, si ponesse come spunto per rendere le nostre zone di passaggio, ed i parcheggi ne sono un esempio eclatante, luoghi più a misura d’uomo, con un occhio alla fruibilità che li strappi al loro clichè di spazi asettici e solitamente buoni per ambientarvi scene terrorizzanti in thriller e polizieschi.

F. Solari
P. Trinca Colonel