Lo scorso giugno la Corte di Cassazione si è espressa su un caso che riguardava il pagamento della Tarsu per un’area adibita a parcheggio, indicando come unica condizione di esenzione dal pagamento la inidoneità del bene a produrre rifiuti.
In merito a questa sentenza, pubblichiamo due interventi di due diversi studi legali che hanno voluto approfondire l’argomento.

A CURA DELLO STUDIO PROFUMO’ ANGELETTI

Aree ed edifici adibiti a parcheggio sono assoggettati alla Tarsu.

La Corte di Cassazione si è pronunciata ancora una volta in merito all’esenzione dal pagamento della Tarsu, escludendo che la stessa possa ricorrere per le aree e gli edifici adibiti a parcheggio, attesa la loro idoneità a produrre rifiuti anche in relazione alla presenza umana (20.06.2005, n. 13241).
La Corte ha, infatti, chiarito che detta idoneità è l’unico presupposto della Tarsu. L’esenzione riguarda, invece, i locali che, per loro particolare uso o natura, non sono utilizzabili e la prova di detta inutilizzabilità è posta a carico del contribuente.

Meritano senza dubbio di essere approfonditi alcuni aspetti messi in luce dalla Suprema Corte con la sentenza sopra citata.
La questione riguarda la controversia insorta tra una Società costruttrice e gerente due complessi immobiliari adibiti a parcheggio e il Comune per il pagamento della tassa sui rifiuti solidi urbani.
In primo luogo la Corte chiarisce che, secondo la previsione legislativa (art. 62 D. Lgs. 507/93), il presupposto della tassa in esame è costituito‘dal possesso o dalla detenzione dei locali di aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, suscettibile di produrre rifiuti solidi urbani ed è quindi connesso al solo fatto oggettivo della occupazione o detenzione di siffatti beni’.

Ne consegue che nessuna rilevanza può avere il titolo in base al quale i beni stessi sono posseduti o detenuti, secondo un principio che la Corte stessa aveva già espresso nella sentenza 1179/2004.

Quest’ultima questione (la rilevanza del titolo) viene affrontata dalla Cassazione perchè nel giudizio di appello tra la Società Costruttrice dei parcheggi e il Comune, i Giudici di secondo grado avevano escluso l’assoggettamento alla Tarsu sulla base della natura demaniale dei beni.

Ma la Corte è chiara: il presupposto è costituito unicamente dalla idoneità del bene a produrre rifiuti, anche in relazione alla presenza umana; pertanto, anche i beni demaniali devono ritenersi assoggettati alla Tarsu (Cass. 16017/2004).

D’altra parte, le aree e gli edifici adibiti a parcheggi non possono neanche considerarsi beni demaniali, non comparendo gli stessi nella elencazione fatta dal codice civile (artt. 822-824).

La Corte chiarisce poi i casi di esclusione.

Questi ultimi riguardano unicamente le aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni. Si tratta di una eccezione alla regola generale, posta dall’art. 62 D. Lgs. 507/93 che fissa il principio di imponibilità , che non può essere suscettibile di interpretazione analogica o estensiva a favore del contribuente.

Le aree adibite a parcheggio sono perciò assoggettate alla Tarsu ai sensi dell’art. 62, comma 1, D. Lgs. 507/93.

Merita, infine, di essere sottolineato, in via generale, che la legge prevede una presunzione relativa alla produzione di rifiuti. La prova contraria, atta a dimostrare la inidoneità del bene a produrre rifiuti, resta ad esclusivo carico del contribuente che deve fornire all’Amministrazione tutti gli elementi all’uopo necessari.

Avvocati Danila Profumo e Serenella Angeletti

A CURA DELL’AVVOCATO JOLANDA NOLI

LA NATURA DEMANIALE DELL’AREA NON ESIME IL CONTRIBUENTE DALL’OBBLIGO
DI PAGARE LA TARSU

Ancora una volta la Cassazione ha ritenuto unico motivo di esenzione dal pagamento della TARSU la inidoneità del bene a produrre rifiuti ed il carattere demaniale dell’area non costituisce prova della suddetta inidoneità .

I giudici della Suprema Corte hanno così formulato la loro decisione su un caso intricato, che può essere d’esempio per molti altri.
Queste le parti contrapposte: da un lato una società che ha costruito e gestisce due aree di parcheggio a Teramo e dall’altro la Civica Amministrazione della città , che richiede il pagamento della tassa rifiuti per questa struttura.
Prima dei giudici della Cassazione, la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo aveva dato ragione alla società poichè, secondo gli accordi tra le parti in causa, gli immobili destinati ad aree di sosta sarebbero divenuti di proprietà del Comune in cambio della concessione di gestione degli stessi per la durata di trent’anni. Ragion per cui, secondo il giudici di Appello, i parcheggi sono da considerarsi proprietà demaniali e quindi non soggetti alla tassa.
Inoltre, poichè all’interno della struttura alcuni parcheggi sono stati riservati al Comune, la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo ha ravvisato un vincolo di pertinenzialità tra le aree di parcheggio e gli uffici comunali, siti all’interno della stessa area. E quindi, anche secondo il giudici di Appello, questo era un ulteriore motivo di esenzione dal pagamento della tassa.
Su queste due motivazioni però la Corte di Cassazione si è espressa negativamente, come si legge sulla stessa sentenza.

Con la sentenza n° 13241/2005 pubblicata in data 20.06.2005, la Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso presentato dall’amministrazione comunale di Teramo nei confronti della suddetta società costruttrice e gerente di due aree adibite a parcheggio a pagamento, ha precisato che‘la demanialità di un bene è stabilita dalla legge (art. 822 c.c.) ed i beni dei Comuni (così come quelli delle Province) soggetti al regime dei beni demaniali dello stato sono esclusivamente quelli indicati nel secondo comma del citato art. 822, in virtù del richiamo ad esso operato dall’art. 824 comma primo c.c.: il quale, inoltre, al secondo comma, assoggetta allo stesso regime (dei beni demaniali) i cimiteri ed i mercati comunali. Orbene, nella relativa elencazione non compaiono le aree e gli edifici adibiti a parcheggio, sicchè deve ritenersi erroneo il convincimento (di demanialità ) espresso al riguardo dai giudici di appello’.

Ma la Corte non si è limitata ad escludere la demanialità delle aree e degli edifici adibiti a parcheggio; è andata oltre. Ha evidenziato come il presupposto della tassa sia costituito, ai sensi dell’art. 62, D.Lgs. 507/1993, dal possesso o dalla detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibite purchè suscettibili di produrre rifiuti solidi urbani. Il citato articolo, pertanto, fa nascere l’obbligazione del pagamento della TARSU dal fatto oggettivo dell’occupazione o detenzione di qualsiasi locale o area scoperta a prescindere dalla natura demaniale del bene. Ciò che rileva ai sensi dell’art. 62 del D.Lgs. è esclusivamente la idoneità del bene a produrre rifiuti. Esclusivamente la prova della inidoneità alla produzione di rifiuti solidi urbani può legittimare l’esenzione dal pagamento della TARSU.

‘Nella specie, come si desume dalla sentenza impugnata, la idoneità dei beni in questione a produrre rifiuti, anche in relazione alla presenza umana in luogo, è stata accertata dai primi giudici. Vero è che la società con l’appello ha contestato tale idoneità . Tuttavia, sul punto la CTR non si è pronunciata, ritenendo assorbito tale motivo di doglianze. Pertanto, era onere della società , vittoriosa in grado d’appello, riproporre con ricorso incidentale la relativa questione. Ciò non è avvenuto: e pertanto, essendosi sul relativo accertamento formato il giudicato, deve ritenersi indiscutibile l’attitudine dai beni in questione a produrre quei rifiuti solidi urbani che giustifica l’applicazione della relativa tassa’.

Non soltanto la demanialità , neanche il carattere pertinenziale o accessorio, laddove riferito a beni annessi o collegati ad immobili non destinati a civile abitazione, vale ad esimere il contribuente dall’obbligo di corrispondere la tassa per i rifiuti solidi urbani.

Avvocato Jolanda Noli