La transizione ecologica nella mobilità costituisce uno dei pilastri nel piano di sviluppo condiviso a livello europeo e nazionale: nel nostro Paese, tuttavia, la situazione appare ancora poco evoluta. Le dimensioni del parco di vetture circolanti, in Italia di 39 milioni, nel 2021 ha registrato appena 265.000 auto ibride: un dato poco incoraggiante rispetto al boom degli ultimi tre anni dopo con la spinta dell’ecobonus. Diverse le cause di questa netta frenata, non ultima quella dell’attesa degli incentivi, fin troppo preannunciati, che hanno provocato il posponimento di acquisti già decisi.

Secondo lo scenario del PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), entro il 2030 le e-car in Italia dovrebbero rappresentare, con sei milioni di unità vendute, il 13% del parco circolante. Ciò significa che per raggiungere tale obiettivo nei prossimi 8 anni si dovranno vendere circa 800mila “auto alla spina”, a fronte delle sole 137mila vendute nel 2021.

Cosa è necessario per far sì che la domanda regga a questi ritmi senza flessioni? Una recente ricerca di BIP, società di consulenza aziendale e tecnologica italiana, che sarà presentata a Next Generation Mobility il prossimo 4 maggio, dimostra che l’implementazione e il potenziamento delle infrastrutture di ricarica sono la chiave per lanciare il mercato dell’auto elettrica in Italia.

Come già sta succedendo in Francia, Germania, Norvegia e nel Regno Unito il percorso da intraprendere prevede due fasi: nella prima, capillarità territoriale per ridurre la distanza media tra punti di ricarica; nella seconda, calcolo della sostenibilità economica dell’infrastruttura, facendo attenzione all’aumento del numero medio di auto servite per stazione.

Il punto di riferimento è il mercato norvegese, il primo e unico maturo oggi, dove l’infrastruttura di ricarica serve 30-32 vetture per punto con distanze medie tra una stazione e l’altra di 4 km. In numeri assoluti, prendendo per buono il target PNIEC, significano 187.500 punti diffusi sul territorio italiano: oggi sono circa 27.900, il che significa che c’è ancora molta strada da fare..  Se si punta prima alla capillarità e poi alla sostenibilità economica, gli investimenti dovranno essere sostenuti da fondi pubblici. Il PNRR prevede finanziamenti per 13.755 colonnine in aree urbane e 7.500 sulle autostrade, del tipo rapido o ultrarapido. Ammesso che tutte vengano installate, si arriverebbe a poco più di 49.000 colonnine. Ne mancherebbero ancora quasi 140.000. Non è ben chiaro chi sosterrebbe l’investimento, al ritmo di 1300 al mese.

Questi numeri, che sono solo alcuni tra quelli proposti dallo studio BIP Consulting, fissano il punto da cui bisogna partire per il successo della transizione della mobilità da combustibili fossili a elettrico.

Oggi metà delle ricariche avvengono in ambito domestico, un quarto sul posto di lavoro e il resto in punti pubblici. Questa situazione riflette il quadro socio-economico attuale dell’utilizzatore medio di auto elettriche alla spina. Con 6 milioni di vetture, è improbabile che le condizioni saranno le stesse. Questo va considerato nella pianificazione della transizione. Lo stesso per il prezzo della ricarica. Come ricordato da BIP, gli interessi di utilizzatori, case automobilistiche e fornitori di ricarica sono divergenti. L’utente non vuole pagare il sovrapprezzo della ricarica rapida se non necessario; i costruttori automobilistici vogliono evitare i costi e i pesi addizionali legati a caricatori di bordo più potenti; i fornitori vogliono realizzare infrastrutture in grado di garantire un rapido ritorno dell’investimento. Come conciliare tutto questo, ammesso che sia possibile, costituisce una sfida per chi spinge per la transizione, ossia lo Stato.

Non secondario, in un simile contesto, è il ruolo che possono giocare le strutture private di parcheggio: tanto più che, data la scarsità di colonnine di ricarica per strada, almeno al momento, chi ha bisogno di fare il pieno di elettroni trova spesso le colonnine occupate, anche abusivamente, ed è costretto ad aspettare ore prima di poter collegare il proprio veicolo.

È qui, dunque, che possono e devono entrare in gioco i parcheggi in struttura, che hanno tutto il potenziale per diventare aree sempre più strategiche, dotandosi di punti di ricarica per fornire ai clienti un servizio destinato a diventare indispensabile ed essere al passo coi tempi, nonché competitivi sul mercato.