Lavorare per il bene comune. Questo, al di là  di ogni sano e legittimo spirito di competizione, lo spirito che dovrebbe animare chi offre un servizio utile, come è nel caso dei parcheggi aeroportuali.
Eppure la grande querelle che si sta consumando nei dintorni dello scalo bergamasco di Orio al Serio (di fatto, terzo aeroporto di Milano), sta sempre più assumendo – tanto più ora che non è ancora chiusa la cosiddetta ‘altissima stagione’- tratti grotteschi.

Nocciolo della questione: la Sacbo Spa, società  che gestisce lo scalo seriano, e dunque anche il parcheggio interno all’aeroporto, ha creato una stretta corsia destinata alle fermate brevissime, che da qualche tempo, e a fronte di non poche proteste giunte dai passeggeri, sostituisce la vituperata area di sosta breve a pagamento con balzello di 50 centesimi.

Peccato perಠche la corsia sia stata decretata off limits per le navette (a partire da quelle che effettuano servizio da e per l’aeroporto per conto dei parcheggi privati che gravitano in zona).
Coì, per non creare disagi ai passeggeri e mantenere efficiente il servizio, gli arciscontenti autisti delle navette si vedono costretti a oltrepassare la sbarra e pagare il pedaggio, col rischio di trovarsi imbottigliati in lunghe code peraltro quasi sempre frequenti.
Appare evidente come il divieto sia finalizzato a colpire queste realtà  private, sempre più apprezzate dalla clientela per la capacità  di coniugare costi competitivi a un servizio puntuale e rapido. Realtà  che molestano, evidentemente, chi pratica tariffe più care senza che a queste corrisponda una reale qualità  di quanto viene offerto agli automobilisti.
Appare inoltre evidente di come il divieto si presenti come un espediente che dimostra poca lungimiranza, dal momento che lo scopo di tutti i parcheggi, pubblici e privati, dovrebbe essere quello di snellire il traffico dello scalo, accogliendo il maggior numero possibile di passeggeri. Dulcis in fundo, la Sacbo non avrebbe alcun diritto di vietare il transito alle navette. L’istituzione di tale divieto sarebbe infatti di competenza del sindaco, e non di chi si atteggia a feudatario dimostrando un certo anacronismo.