Puಠla crisi economica essere la ‘scintilla’ (ma solo la scintilla) in grado di costringere a ripensare un sistema in auge da anni? Un esempio? Quanto accaduto a Perugia nell’ultimo periodo fa pensare di ì.
Nel capoluogo umbro, infatti, nel corso dell’ultimo biennio, l’utilizzo dei parcheggi che la società  Sipa, (che gestisce 6 parcheggi in struttura con oltre 2100 posti auto disponibili, oltre a diverse aree a parcometro ubicate in varie zone della città  con ulteriori 1200 posti auto) ha in concessione dal Comune, ha segnato un calo di circa il 10%.

Di certo questa flessione, più o meno generalizzata in parecchi comuni, è in parte attribuibile alla difficile congiuntura economica attuale, che ovunque sta inducendo gli automobilisti a un uso più parsimonioso dei propri veicoli; tanto più a Perugia, dove, va detto, le tariffe non sono esattamente ‘amiche’.

C’è perಠdi più. Negli ultimi giorni, durante una riunione di Commissione, il Comune di Perugia, nella persona di Roberto Ciccone, assessore ai Trasporti, si è dichiarato pronto a trattare con Sipa per cercare di modificare la convenzione che ad essa lo lega, rivedendo il contratto e rinegoziando le tariffe. Una ‘mission impossible’ o quasi, a dire il vero; perchè la convenzione, che ha durata trentennale, è praticamente blindata. Emanuele Scarponi, consigliere di opposizione, ha tenuto a ricordarlo, evidenziando perಠla necessità  di pensare a un calmieramento dei prezzi dei parcheggi; ma a questa osservazione Francesco Mearini, capogruppo Pd, ha replicato affermando che ‘i prezzi dei parcheggi sono stati pensati con la previsione di disincentivare il trasporto privato e potenziare quello pubblico’. Sentimento diffuso non scevro, perಠdella verifica economica. Anche il trasporto pubblico necessita di fondi sempre più onerosi.

Per il momento quel che è certo è che risolvere questa situazione a Perugia sarà  estremamente complesso, coì come praticamente impossibili saranno le trattative con Abertis, società  spagnola che detiene il 70% di Sipa. Ciಠche fa pensare è, tuttavia, il fatto che il tempo delle ‘vacche grasse’ è finito.

La scelta dell’espressione non è casuale: prima della crisi economica, in gran parte dei Comuni italiani, i parcheggi erano considerati vacche da mungere all’infinito. A chi contestava tariffe elevate si replicava sempre, prontamente, che lo erano per una nobilissima causa: disincentivare gli automobilisti a spostarsi sulle quattro ruote, a tutto svantaggio dell’inquinamento e a vantaggio della vivibilità  urbana. Questo ufficialmente, ovvio: perchè, come ben sanno gli addetti ai lavori e i cittadini più attenti e consapevoli, dietro questi alati obiettivi si è sempre celato quello, assai più prosaico, di fare cassa e rimpinguare i bilanci comunali, contando sugli introiti derivati dalla sosta e delle contravvenzioni per finanziare spese ‘sociali’ di dubbia utilità .

L’altro non trascurabile lato della medaglia risiede perಠnel fatto che, grazie a questo andazzo, sono state attivate gare con livelli di minimo garantito troppo elevati e sollecitati project troppo onerosi. Una scarsa visione della mobilità  complessiva delle città  e con P.A. prive delle necessarie specifiche competenze professionali, progettuali e gestionali, hanno provocato scelte economicamente e socialmente errate.

Coì, una volta che la crisi è divampata, i nodi sono giunti puntualmente al pettine: e il vaso di Pandora si è scoperchiato.