Vigili e ausiliari della sosta non sono la stessa cosa. Tuttavia, in materia di multe a chi parcheggia dove non deve, spesso i secondi vengono legittimati dalle amministrazioni comunali ad operare come i primi, e quindi ad elargire contravvenzioni per tutti i divieti di sosta. Ma una recente sentenza della Corte di Cassazione ha cancellato questa "legittimazione", ridimensionando il raggio d'azione dei cosiddetti "vigilini" e mettendo un punto fermo alla questione.

Il 15 gennaio, a Torino, i giudici hanno annullato una sanzione per divieto di sosta inflitta da un ispettore della società di trasporti GTT, nonostante fosse stato espressamente autorizzato con delibera comunale. Questi sono i punti salienti di una sentenza che riveste un ruolo cruciale nella definitiva e drastica limitazione delle competenze del personale in aiuto ai vigili: i dipendenti delle aziende di trasporto pubblico possono elevare multe soltanto agli autoveicoli sulle corsie riservate ai mezzi pubblici, mentre gli ausiliari della sosta devono limitare il loro raggio d'azione alle aree di sosta in concessione e limitatamente agli spazi distinti con strisce blu. Inoltre, pure nei casi in cui esistano delibere comunali che permettano determinati "sconfinamenti", i verbali sono da ritenersi nulli.

Una buona notizia per tutti gli automobilisti incappati nei sempre più numerosi "giustizieri" della sosta: chiunque risulti perseguitato da questo tipo di contravvenzioni, può (a ragione) fare ricorso. Dopotutto, quando una giunta amplia i poteri degli ausiliari in materia di multe, 99 su 100 è per rimpinguare le casse comunali. Un esempio? Nel 2013 gli ausiliari Atm di Milano – autorizzati da un'ordinanza del 2009 a lavorare su tutti i divieti di sosta – hanno fatto incassare al Comune multe per 7,3 milioni di euro (dati de Il Sole 24 Ore). Per le amministrazioni, in particolare per quelle con problemi di bilancio, è di certo un tesoretto da salvaguardare. Ma i cittadini che pagano (con multe, tasse, e chi più ne ha più ne metta) cosa ci guadagnano?

Di esempi se ne potrebbero fare a iosa, ma rimaniamo in tema automobilistico: le buche che continuano a contraddistinguere il manto stradale di tantissime città italiane sono una risposta più che sufficiente alla precedente domanda. Ebbene, i proventi della sosta dovrebbero servire proprio a questo: manutenzione delle strade, miglioramento delle strutture esistenti e realizzazione di nuove infrastrutture per il miglioramento della viabilità, anche per agevolare quei cittadini che utilizzano i mezzi pubblici. La Legge di stabilità 147/2013 (in vigore dal 1° gennaio 2014) fornisce precise indicazioni in merito: i proventi dei parcheggi a pagamento sono destinati, oltre che alla costruzione, alla gestione e al miglioramento dei parcheggi, anche al finanziamento del trasporto pubblico locale e al miglioramento della mobilità urbana.

Tornando alle nostre care (si fa per dire) multe, è scontato esortare tutti gli automobilisti a una corretta condotta urbana riguardo alla sosta. Tuttavia sono le amministrazioni a dover dare il buon esempio e, invece di sfornare multe ad libitum ed esacerbare gli animi dei suoi cittadini, dovrebbero spendere i soldi pubblici (ergo anche quelli derivanti dalla sosta a pagamento) per migliorare i servizi resi alla comunità: la condotta virtuosa delle istituzioni è il miglior viatico alla condotta virtuosa degli individui.