L'hobby delle persone anziane di stazionare davanti a cantieri e lavori in corso viene considerato ormai un divertente fenomeno di costume. Se poi questi cantieri non vengono mai finiti, o peggio vengono chiusi e smantellati senza che l'opera sia stata completata, allora dovremmo piuttosto parlare di un fenomeno non divertente di malcostume, o meglio di malgoverno. I parcheggi "mai nati" sono la chiara dimostrazione di come spesso le opere di pubblica utilità vengano progettate, approvate e appaltate per poi venire bloccate o abbandonate a costruzione in corso, a causa di ripensamenti e tentennamenti degli enti locali. La diffusa debolezza della pubblica amministrazione, caratterizzata non di rado da contrasti politici a tema "elettorale" e dalla conseguente sottomissione a comitati o associazioni pseudo ambientaliste, genera da un lato una serie di lungaggini burocratiche e giudiziarie, dall'altro un enorme spreco di denaro pubblico: due lati della stessa medaglia, ovvero meno servizi e più disagi (e più tasse) per il cittadino.

Purtroppo il nostro bel paese di esempi in tal senso ne è pieno. Proviamo a ripercorrerne alcuni per meglio definire una situazione che ci pare allarmante. Solo nella città di Genova ve ne sono due macroscopici.

Davanti all'ingresso dell’Ospedale San Martino,

uno dei più grandi d’Europa, doveva nascere un silos interrato da 420 posti auto. Progetto e concessione sono datati 4 febbraio 2005, ma ad oggi i lavori, iniziati nel 2007, sono ancora in alto mare: dieci anni, tre giunte comunali, una società concessionaria (la Saba Italia), diverse imprese costruttrici, e la desolante voragine davanti all'ospedale continua ad essere inanimata spettatrice della vicenda. Tra gli ingredienti della storia non manca una falda acquifera scoperta "grazie" all'alluvione del novembre 2011, che ha innescato una serie di eventi a catena: nel 2012 la Sigenco, impresa che aveva vinto la gara d'appalto, si ritira dal progetto, la seconda classificata nel frattempo fallisce e quindi si rende necessario contattare la terza (la Codelfa), tuttavia il passaggio di consegne tra la concessionaria e quest'ultima non viene mai ultimato. Questioni economiche, accordi con il Comune, modifica del progetto, sono tutti meccanismi ancora in attesa di essere compiuti: il risultato è una vasta area occupata dagli scavi che rende assai arduo per gli automobilisti transitare e trovare posteggio. Ecco che il paradosso è servito: non solo non viene aumentata la disponibilità di parcheggi in una zona sensibile come quella adiacente a un ospedale, ma viene addirittura diminuita quella che c'era in precedenza.

Sempre a Genova ha fatto scalpore la questione del parcheggio dell'Acquasola, che risale addirittura al 1990: in quell'anno la Sistema Parcheggi, in seguito a un bando emesso dal Comune, risultò concessionaria di un parcheggio interrato sotto al parco dell'Acquasola. Il progetto si trascinò per vent'anni prima di essere fermato dalla magistratura per "danno ambientale". Il malessere di vari comitati per la semi-distruzione del parco ha portato nel tempo a diversi procedimenti giudiziari (coinvolti e poi assolti anche tre ex assessori comunali), e alla richiesta da parte della società costruttrice – che sicuramente ha ricavato un danno economico in seguito al blocco dei lavori – di un risarcimento di oltre 11 milioni. Il 22 dicembre 2014 Comune e Sistema Parcheggi si sono accordati per una risoluzione consensuale, e la giunta annunciò con orgoglio che la costruzione del parcheggio era definitivamente tramontata, a fronte di un indennizzo all'impresa costruttrice pari a 1,9 milioni di euro. Lo sperpero dei quattrini appartenenti al patrimonio pubblico non merita certo lo stesso orgoglio.

I parcheggi sono strutture adibite all'uso della comunità ed hanno innumerevoli effetti benefici sulla vita cittadina, come ad esempio una sensibile diminuzione del traffico e dell'inquinamento, ma anche un conseguente sviluppo delle attività commerciali circostanti. Ora, se queste strutture non vedono mai la luce, si viene a creare un'evidente anomalia: non solo i cittadini non possono usufruire di un servizio comodo e utile, ma sono costretti a dover convivere con cantieri che durano un'eternità, che creano disagi alla viabilità e alla quotidianità.

A Reggio Emilia, dovevano costruire un parcheggio, e invece è sorto uno stagno, con tanto di anatre e zanzare. La "comica" situazione vede protagonista ancora una volta una falda acquifera. I lavori per il sotterraneo Park Vittoria, commissionati a maggio 2011 dal Comune alla società Reggio Emilia Parcheggi, sono iniziati a settembre 2013 e a metà 2015 hanno incautamente sfondato la falda sottostante: ovviamente il cantiere si è fermato e Piazza Vittoria è diventata una sorta di piscina a cielo aperto. Oltre a proteste, manifestazioni e interrogazioni, anche un personaggio del calibro di Dario Fo è sceso in campo per denunciare lo scempio. La situazione è di difficile decifrazione, in quanto la società incaricata pare abbia alcuni problemi riguardanti procedure di appalti (l'AD risulta finito nel mirino della procura milanese per la questione parcheggi di Expo 2015); probabilmente in fase di progettazione o in fase di bando gara alcuni passaggi non hanno funzionato come dovrebbero, fatto sta che ora il Comune si ritrova la solita "patata bollente" in mano: chiudere tutto, far felici i comitati anti-parcheggio e andare incontro a una pesante penale, oppure risolvere sia le questioni tecniche sia quelle amministrative, superare il labirinto burocratico/giudiziario e ultimare il parcheggio? Mentre la politica ci pensa, il cittadino può solo osservare la situazione, come quegli anziani che osservano i lavori in corso, e constatare tre cose: lui paga, ha un disagio e nessun servizio utile. E soprattutto non può di certo parcheggiare l'auto in uno stagno.

Altra vicenda interessante è quella di una località turistica alpina in provincia di Brescia, Ponte di Legno. Il 24 ottobre 2004 viene approvato il progetto per un parcheggio interrato sotto Piazzale Europa; la costruzione viene appaltata all'impresa Milesi, che a febbraio 2007 inizia gli scavi. Qualche mese dopo trovano una falda "a pressione" che minaccia la stabilità delle strutture circostanti. Gli attori in campo decidono di fermare i cantieri e cercare una soluzione, ma amministratori e progettisti da un lato e impresa costruttrice dall'altro si rimpallano le responsabilità, così il Comune nel 2009 decide di rescindere il contratto con la società, innescando la procedura di arbitrato. Il 28 giugno 2011 il Comune viene condannato a risarcire 2 milioni e mezzo di euro alla Milesi. Inoltre, nel frattempo erano scaduti i termini per il finanziamento regionale tramite i fondi della Commissione europea, sui quali l'amministrazione aveva contato di appoggiarsi fin dall'inizio del progetto, causando pertanto un bel buco sul bilancio comunale. Da allora sono subentrate altre società, accadute altre vicissitudini, ma il cantiere è rimasto lì in bella mostra, diventando persino oggetto, nel 2013, di un servizio della trasmissione "Striscia la notizia". Oggi il Sindaco (che nel frattempo è cambiato) dichiara che il parcheggio sarà probabilmente ultimato a fine anno, e certamente la speranza è l'ultima a morire. Il dato preoccupante è rappresentato dal costo: un parcheggio stimato inizialmente in 6 milioni di euro, arriverà a costarne più di 15.

Il parcheggio mai nato di Cesena, invece, è stato al centro di una intricata vicenda giudiziaria. Il maxi cantiere per il complesso edilizio della Fondazione del Sacro Cuore, che prevedeva la costruzione di un grande campus scolastico e di due piani interrati destinati a parcheggi pubblici e privati, è rimasto sotto sequestro per più di 5 anni, da ottobre 2009 a maggio 2015. Il dissequestro giunge dopo un iter giudiziario complesso e non ancora concluso incentrato su possibili abusi edilizi e altre irregolarità riguardanti il progetto, che hanno coinvolto la Fondazione, il Comune, in parte il demanio, la ditta costruttrice e i vicini privati. Essendoci state delle condanne e non essendo stata ancora stabilita una data per l'appello, preferiamo non entrare nel dettaglio. Ciò che è interessante rilevare è che l'area è stata dissequestrata, la società costruttrice Edilpiù ha potuto presentare una radicale revisione del disegno originario e i cantieri potrebbero ripartire a breve: i cesenati lo sperano, perché in questi 5 anni l'area transennata ha creato notevoli disagi alla viabilità circostante, oltre a presentare condizioni di degrado ambientale ormai insostenibili. Ma la questione è legata al parcheggio e alle risorse necessarie: il Sacro Cuore, che a lavori ultimati dovrà garantire una quarantina di posti auto pubblici, per finanziare l'operazione punta a vendere una parte dei 260 stalli che verranno realizzati. Un centinaio sono stati offerti al Comune, che ha tuttavia rifiutato. Peccato, perché è in corso un altro cantiere cittadino per la pedonalizzazione di Piazza della Vittoria, dove saranno eliminati una settantina di parcheggi pubblici.

Veniamo a uno dei casi più recenti. Negli ultimi giorni di settembre è tornato a galla il caso di Parma e dei parcheggi interrati commissionati dalla giunta precedente alla società Trevi, che non hanno mai visto (e mai vedranno) la luce. Nel 2009 la società in questione si aggiudicò il bando emesso dall'Amministrazione comunale per la costruzione di 14 parcheggi sotterranei completamente automatizzati posizionati sotto alcune piazze del centro storico, destinati ai residenti e dati in concessione per novant'anni alla società costruttrice, la quale corrispose al Comune un importo pari a 3 milioni di euro. In seguito a un generale malumore, il progetto si ridusse prima a 8 e poi a soli 3 parcheggi. Dopo che venne allestito il primo cantiere sotto Piazzale Salvo d'Acquisto, il Comune all'improvviso cambiò idea, pressato dalle proteste di comitati e movimenti: il sindaco cancellò anche il piano relativo ai tre parcheggi superstiti e fece smontare il cantiere già avviato. Certamente la società Trevi ne ha ricavato un danno economico, e di conseguenza ha fatto ricorso al Tar. Ora il Tribunale Amministrativo Regionale, pur riconoscendo il diritto della società privata ad avere un risarcimento, lo ha quantificato in appena 192mila euro, meno di quanto lo stesso Comune pareva disposto a spendere e soprattutto molto meno di quanto la Trevi aveva chiesto all'inizio dell'iter giudiziario (12 milioni di euro). L'amministrazione comunale – che nel frattempo è cambiata – esulta. Chi ha poco da esultare, oltre all'impresa in questione, sono i cittadini, che come sempre sono testimoni (e vittime) di una gestione approssimativa del denaro pubblico.

Riflettendo, nella situazione economica di crisi in cui ci troviamo, un'azienda che spende soldi ed energie e investe in risorse umane e tecnologiche, può rischiare di rimanere economicamente in ginocchio a causa di situazioni come queste, generate dai "cambiamenti d'umore" degli enti locali.

Per comprendere meglio la situazione di Parma e allo stesso tempo una questione che, come abbiamo visto, non risulta per nulla un caso isolato bensì diffuso, abbiamo intervistato Antonio Arienti, Direttore Generale Settore Italia di Trevi S.p.A. e Vice Presidente di Aipark, Associazione Italiana tra gli Operatori nel settore della Sosta e dei Parcheggi. Per prima cosa, la sua valutazione sulla vicenda e sul risultato giudiziario risulta perentoria e comprensibile: "Due anni di lavoro che ha coinvolto un team di persone, tecnici interni e consulenti esterni, praticamente dedicato all’iniziativa. Eseguiti lavori propedeutici, scavi archeologici e lavori di spostamento delle utenze che interferivano con la costruzione dei parcheggi. Stiamo parlando di cantieri da affrontare con tecnologie specifiche, macchinari appositamente costruiti per poter lavorare in ambienti delicati come i centri storici e per garantire sicurezza e qualità. Non è difficile immaginare che stiamo parlando di costi importanti. L’indennizzo stabilito dal Tribunale ci ha lasciato basiti, in senso insoddisfacente, poiché il Giudice ha ritenuto di decurtare pesantemente la quantificazione che proprio i periti da lui nominati avevano determinato. I motivi veramente non li abbiamo colti, ragione per cui ricorreremo in Consiglio di Stato."

Un'importante spunto di riflessione deriva dal dietrofront del Comune di Parma: se inizialmente erano previsti ben 14 parcheggi, col fine di sopperire alla mancanza di spazio per la sosta nel centro storico, come verrà risolto il problema dei parcheggi, essendo passati da 14, a 8, a 3, a zero? Probabilmente a Parma come altrove la questione, purtroppo, non viene considerata prioritaria. "Da quello che abbiamo visto negli ultimi anni", afferma Arienti, "non solo a Parma ma in altre numerose città italiane le Amministrazioni comunali hanno preferito optare per soluzioni “provvisorie” non strutturali, e quindi meno impattanti in termini di contestazione. Mi riferisco alla sosta su strada organizzata con righe di vario colore." Tenendo conto che nei centri storici le vetture dei residenti hanno un tasso di rotazione molto basso, è evidente che il problema non viene affrontato in modo permanente. Non solo, anche nei casi in cui progetti e soluzioni vanno nella giusta direzione, gli intoppi burocratici ne complicano l'attuazione: sono impietosi i dati della Trevi in merito ai parcheggi approvati, appaltati e mai realizzati. Documenta Arienti: "La nostra società ha dedicato per quasi 15 anni un team di persone per partecipare a tutti i bandi che le Amministrazioni comunali pubblicavano sulla base della legge Tognoli (n. 122/89). Dal 1995 al 2010 abbiamo ottenuto in aggiudicazione circa 65 location per la realizzazione di parcheggi in svariate città italiane, per la maggior parte pertinenziali ma anche ad uso pubblico. La percentuale di mai nati è elevatissima, ne sono stati realizzati 16."

Ciò che colpisce è che questo innato fenomeno di mancanza di decisionismo sembra essere tutto italiano. I dati raccolti da Aipark stimano in circa 650.000 il gap di posti auto in Italia rispetto ai principali paesi europei. "Non è difficile comprendere la leva potenziale, di economia e di occupazione, retrostante un piano strutturale organizzato in termini di sistema della mobilità", commenta il Vice Presidente. Essendo Trevi un gruppo di respiro internazionale, che lavora in tutti i continenti, non possiamo non chiedere le sostanziali differenze di metodologia tra il sistema italiano e quello estero. La risposta di Arienti è illuminante: "Anche in altri paesi (non solo europei) la costruzione di parcheggi è soggetta a forti attenzioni e viene sottoposta a dibattiti allargati. Quello che trovo differente è che, aldilà delle discussioni, comunque i parcheggi sono richiesti da tutte le categorie: commercianti, residenti, opinione pubblica. Le critiche e i dibattiti vengono fatti per definire la soluzione migliore, il progetto più idoneo, con l’obiettivo finale di costruire. In Italia non si può dire la stessa cosa."

I fatti lo dimostrano, il sistema Italia è fatto così: beghe giudiziarie e burocratiche, fenomeni di malgoverno e mala gestione, alternarsi di amministrazioni di fazioni opposte e in contrasto tra loro, conflitti con l'opinione pubblica, sono tutti fattori che hanno come comune denominatore lo spreco (di soldi, tempo e risorse), e non l'opera finita e in funzione. Proviamo a porci due semplici domande: chi paga? Qui prodest? La risposta appare chiara: pagano tutti, e non giova a nessuno. Pagano sicuramente i cittadini, sia in termini economici sia riguardo a quelle priorità (trascurate) atte a migliorare la mobilità cittadina, come appunto i parcheggi. Pagano le imprese a cui vengono commissionati lavori poi cancellati. E pagano pure i Comuni, che oltre a inimicarsi società private e residenti (vedi, elettori), rischiano di veder diminuire il flusso turistico, a causa della mancanza di strutture adeguate per la sosta, requisito fondamentale per ogni città che voglia essere moderna e virtuosa.

Quando un cantiere finisce, e l'opera risultante è un parcheggio ben costruito e funzionale che offre quindi un servizio efficiente a residenti, lavoratori e turisti, i soldi sono spesi bene: minore occupazione di suolo pubblico, maggiore scorrevolezza del traffico, scelta ponderata della destinazione, valore aggiunto agli immobili e agli esercizi commerciali, minor inquinamento, tempo risparmiato, insomma sviluppo economico.

Quando i lavori non finiscono mai e i progetti fanno acqua da tutte le parti, allora è come gettare i soldi, appunto, in quell'acqua stagnante.