L’era dei robotaxi: vantaggi e rischi del trasporto pubblico con veicoli senza conducente

– di Filippo Serio

 

Il 26 settembre 1982 negli Stati Uniti d’America venne trasmesso il primo episodio di ‘Supercar’, la celebre serie televisiva incentrata sulle avventure di un ex poliziotto, interpretato dall’icona hollywoodiana David Hasselhoff, che ha conquistato i fan con KITT, l’auto supertecnologica indistruttibile e senziente, comandata da intelligenza artificiale tra le più celebri della storia della TV. Tralasciando raggi laser, motore turbo e capacità di volare, oggi le ‘supercars’ sono una realtà sempre più vicina.

Via alla sperimentazione all’ombra del Big Ben

E’ di pochi giorni fa la notizia della partnership fra la società di tecnologia per veicoli autonomi statunitense Waymo e la compagnia di mobilità inglese Moove, pronte a immettere sul mercato un nuovo servizio di trasporto passeggeri senza conducente.

A Londra è già stata avviata la sperimentazione dei ‘robotaxi’, che a partire dal 2026 cominceranno a circolare tra le strade della capitale britannica, la prima città in Europa a lanciare un servizio di mobilità ride-hailing completamente autonomo. Le due aziende puntano a promuovere l’adozione della guida autonoma di Livello 4, che consente ai veicoli di muoversi senza intervento umano in aree specifiche e controllate. Anche se, per i primi test drive, verranno impiegati autisti esperti a bordo delle automobili.

Nel panorama dei progetti di auto a guida autonoma anche Tesla è ormai pronta con una flotta di veicoli Robotaxi che già da qualche mese sono disponibili in giro per Austin (Texas) e presto anche a Los Angeles (California). A differenza di Waymo le auto Tesla sono delle “normali” auto di produzione Model Y con una estensione software per, appunto, muoversi nel traffico cittadino senza l’uomo alla guida. Dal 2026 Tesla inizierà la produzione del Cybercab, un nuovo veicolo senza volante e pedali destinato esclusivamente a popolare una flotta di veicoli a servizio taxi completamente autonomi.

Un progetto rivoluzionario che mira a un duplice obiettivo: da un lato quello di ridurre le emissioni urbane nell’aria, dall’altro quello di incrementare la sicurezza stradale attraverso la tecnologia.

Supercars: risorse o minacce?

Il tema delle automobili a guida autonoma nel settore del trasporto pubblico solleva più di un interrogativo su quali possano essere i pro e i contro.

Quali vantaggi:

  • Sulla carta, un’auto che si guida da sola dotata di un sistema avanzato di rilevazione degli ostacoli, sensori che arrivano a prevedere potenziali pericoli e un meccanismo di frenata automatica che consente di evitarli, dovrebbe garantire il massimo della sicurezza. Senza un conducente umano alla guida, giocoforza viene meno il rischio che si verifichi un incidente dovuto a stanchezza, distrazioni o stati alterati causati da eccesso di alcool o uso di sostanze stupefacenti. Una macchina non potrebbe mai essere influenzata da tali fattori.
  • L’espansione del mercato delle auto elettriche e ibride è dimostrazione che da tempo è in corso la transazione verso una mobilità sempre più sostenibile. Utilizzare automobili senza conducenti significa ridurre ulteriormente le emissioni di CO2, attraverso un’ottimizzazione della guida (meno frenate non necessarie, cambi di marcia al momento giusto) e un calcolo del percorso che permette sia di guadagnare tempo sia di risparmiare energia. Senza contare che maggiore è il numero di veicoli pubblici a guida autonoma, minore potrebbe essere quello dei mezzi privati e a conduzione ‘tradizionale’.
  • Mezzi di trasporto pubblico che si guidano da soli possono portare a un beneficio anche in termine di parcheggi: si presuppone che, privi di un conducente, questi mezzi circolerebbero costantemente per trasportare persone nelle aree designate. Cosa che potrebbe così far calare la necessità di parcheggi per questo tipo di ‘robotaxi’ e allo stesso tempo fare aumentare la disponibilità di posti auto per i mezzi privati. Una sorta di car sharing automatizzato e in costante utilizzo, che limita il bisogno di soste.

Quali rischi:

  • A livello mondiale, l’errore e la distrazione dell’uomo causano la maggior parte degli incidenti stradali. Ma rimuovere la componente umana significa affidarsi totalmente (oppure a seconda dei livelli) a una macchina. Il rischio di un malfunzionamento ai comandi, un guasto o un attacco hacker al sistema digitale è dietro l’angolo. Basta un ‘bug’ temporaneo del sistema per mettere a repentaglio la sicurezza degli utenti. Basti pensare al recente ‘down’ di Amazon Web Services che ha reso inaccessibili migliaia app e siti nel mondo.
  • Usufruire di auto ibride o elettriche automatizzate elimina in gran parte il problema di trovare un parcheggio per questi mezzi e riduce sensibilmente le emissioni di smog, ma dall’altra parte crea una nuova necessità: l’installazione di colonnine o sistemi di ricarica per le auto, che potrebbero togliere spazio a nuovi posto auto oppure sostituire quelli già esistenti.
  • L’impatto sulla società può essere rilevante a livello occupazionale: investire su self-drive car significa creare squilibrio tra la domanda e l’offerta di posti di lavoro nel mondo del trasporto, come autisti, tassisti, conducenti di mezzi pubblici e autotrasportatori. Le macchine creano così una concorrenza spietata che taglia fuori la componente umana.

Il ‘muro’ della legge in Europa

La diffusione dei veicoli a guida autonoma incontra ostacoli normativi significativi che frenano l’adozione su larga scala, in Europa e non solo.

In primo luogo, la legge non stabilisce con chiarezza a chi viene attribuita la responsabilità legale: nel caso, ad esempio, in cui si verificasse un incidente stradale, andrebbe poi chiarito chi sarebbe ritenuto responsabile fra il produttore del veicolo, il produttore del software e il proprietario del veicolo. La normativa europea è in evoluzione, ma non esiste ancora un quadro univoco e completamente chiaro, soprattutto per i livelli 4–5 (senza conducente umano pronto a intervenire). Questa indeterminazione causa incertezza per costruttori e assicurazioni, rallentando il mercato.

L’applicazione di veicoli senza conducente presuppone una grande raccolta di dati, da parte di dispositivi e sensori: ad esempio, posizione, abitudini di guida, informazioni personali su conducente e passeggeri.

Trattare questi dati che senza consenso o in modo illecito, violerebbe la privacy degli individui, in quanto ricadono nell’ambito di applicazione del GDPR. Al di là del fatto che gli utenti dovranno essere informati sul come e sul perché i propri dati verranno registrati, una possibile misura potrebbe essere consentire l’adozione di dati anonimizzati o aggregati per scopi di ricerca o statistica: ciò non toglie la necessità di proteggere i dati personali non anonimizzati.

Attualmente non esiste un quadro europeo unico abbastanza avanzato su questi punti, per questo resta una delle grandi sfide normative.

Gli ostacoli dell’Italia

L’Italia, nel panorama internazionale, si posizione leggermente indietro nel campo dell’automotive a conduzione autonoma, nonostante diverse università stiano progressivamente avanzando nella ricerca e nello sviluppo tecnologico del settore. Nonostante l’interesse crescente, l’Italia deve affrontare tre sfide principali per raggiungere il livello operativo di Londra:

Regolamentazione – Le sperimentazioni sono oggi autorizzate caso per caso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, secondo il decreto del 2018, ma manca ancora un quadro normativo stabile per la circolazione su larga scala dei veicoli autonomi.

Infrastrutture digitali – Le reti stradali italiane necessitano di aggiornamenti significativi in termini di connettività, sensori e comunicazione veicolo-infrastruttura.

Accettazione pubblica – La fiducia dei cittadini e dei conducenti verso la guida autonoma resta bassa, e richiederà tempo, trasparenza e risultati concreti per consolidarsi.