Nel precedente articolo abbiamo scritto di quanto sia/sarà disdicevole lasciare l'auto in sosta nelle stazioni "elettriche" oltre il normale tempo di ricarica. E abbiamo visto, ad esempio, come Tesla non abbia esitato a prendere giusti provvedimenti. Ma in Italia come siamo messi a infrastrutture di ricarica?

In Italia vince la burocrazia. Che si tratti di costruire un parcheggio o una colonnina di ricarica, tutto passa sempre attraverso il labirinto di sua maestà burocrazia. E a dirlo è proprio la Corte dei Conti, che ha scoperto una grave "incongruenza" tra i soldi pubblici disponibili e quelli realmente spesi. Vediamo nel dettaglio.

Il Ministero dei Trasporti nel 2013 decide di stanziare ben 50 milioni di euro per l'attuazione del PNIRE (Piano Nazionale Infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica). Per la precisione, ne stanzia 20 nel 2013, 15 l'anno dopo ed infine 15 nel 2015: soldi che hanno il compito di finanziare progetti di "rapida" realizzazione tra regioni e province. Di questi soldi ne sono stati spesi solo 6286,28 euro. Per costruire una colonnina? Macché, per le spese di pubblicazione (versate al Poligrafico dello Stato) del bando lanciato nel 2013 e rivolto ai suddetti progetti. Per dovere di cronaca, il bando ha selezionato 19 progetti vincitori ed ha assegnato 4,54 milioni, ma secondo la Corte dei Conti "al momento non risultano erogati".

Dunque, anche quando i soldi ci sono, non vengono usati. È una delle tante anomalie figlie di un sistema burocratico farraginoso e inefficiente. Basti pensare che il famoso Piano del 2013 (ma scritto nel 2012), è stato approvato nel 2014, cambiato nel 2015 e ri-cambiato nel 2016. Sembra uno scioglilingua. "Balza in evidenza la durata molto lunga del procedimento di approvazione del piano e del suo aggiornamento", sentenzia la Corte dei Conti.

Il problema è che l'Italia deve sbrigarsi: il dictat dell'Unione Europea obbliga tutti gli Stati a costruire una rete di ricarica elettrica adeguata ed efficiente entro il 31 dicembre 2020. Oggi in Italia i punti di ricarica sono circa 1700, troppo pochi rispetto alla media europea. Anche se a onor del vero, bisogna precisarlo, a questo proposito la questione è un'altra. Le auto elettriche stanno aumentando le vendite in tutta Europa… tranne che in Italia (dove la loro quota di mercato è circa un decimo rispetto alla media europea). Il motivo? Per rendere davvero accessibile il mercato delle auto elettriche servono incentivi statali di un certo "peso" economico. In Norvegia per mezzi totalmente elettrici (BEV) si hanno incentivi per circa 20.000 euro, in Francia il contributo è di 6.000 euro, mentre in Italia è di 3.000 euro. Anche senza agognare e invidiare il "regalo" del governo norvegese, un buon incentivo è indispensabile per spingere all'acquisto di auto che oggi hanno raggiunto cifre ragguardevoli. Per fare un esempio, l'auto tedesca col nome di uno sport per ricchi è proposta a 38.000 euro nella versione elettrica, a circa 25.000 nella versione diesel e a poco più di 20.000 a benzina. Il sistema-Italia a volte fa fatica a fare i conti, ma i cittadini i conti li sanno fare benissimo.

Tornando alle infrastrutture elettriche, nel 2018 entrerà in vigore una legge alla quale si dovranno adeguare tutti i Comuni italiani. Dal 31 dicembre 2017 il conseguimento del titolo abilitativo per i nuovi edifici sarà vincolato alla predisposizione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli. Il Dlgs 257/2016 (che modifica il Testo Unico dell'edilizia DPR 380/2001) prescrive ai Comuni di adeguare il regolamento edilizio appunto entro la fine di quest'anno. Nei nuovi edifici non residenziali con superficie utile superiore a 500 mq, le vetture dovranno potersi ricaricare in ciascun parcheggio e in ciascun box auto, pertinenziale o meno, mentre negli edifici residenziali con almeno 10 unità abitative basta un numero di parcheggi/box auto non inferiore al 20% di quelli totali.

Tenendo presente le lungaggini burocratiche descritte in precedenza, è chiaro che l'Italia dovrà fare il consueto sforzo per stare al passo coi tempi, per adeguarsi alle nuove norme e per rispettare le disposizioni europee. La frontiera elettrica avanza (pur con i suoi difetti), cerchiamo di non rimanere indietro. È come una gara di formula uno: chi parte dalle prime file avrà concrete possibilità di vittoria, chi parte dai box… difficilmente otterrà posizioni di vertice.

Un esempio? Chi non parte dai box è, ancora una volta, la Tesla. Le loro auto sono care e i tempi di attesa sono lunghi, ma in quanto a strategia puntano a stare sempre un passo avanti agli altri. E in qualche modo hanno anticipato la legge italiana sull'obbligo di infrastrutture elettriche negli edifici: l'azienda californiana sta installando punti di ricarica presso gli hotel, i ristoranti, i centri commerciali e i parcheggi, in modo da permettere ai suoi clienti – mentre si divertono, mangiano o fanno shopping – di prendere i proverbiali due piccioni con una fava. Al momento queste postazioni in Italia sono 170, da sommare al numero crescente di stazioni "veloci" Supercharger.

È innegabile, gran parte della partita sulla mobilità ora si gioca sull'elettrico, non facciamoci trovare impreparati. Ripensando alla formula uno: la gara è domani, e l'Italia non è andata granché bene alle qualifiche…